L'ultima follia dell'Europa: utilizzare i lockdown per tenere a freno i prezzi
Le serrate potrebbero prendere il posto delle controverse politiche di austerità. I "falchi" intendono fermare la Bca che continua a immettere liquidità sul mercato
Pubblicato su La Verità il 7 maggio 2021
«L’eurozona possiede un’intrinseca inclinazione all’austerità, a causa del Patto di stabilità e crescita. Un Paese fortemente indebitato come l’Italia non può indebitarsi più di tanto non controllando più la propria moneta». Queste le parole di un sorprendente editoriale del Wall Street Journal pochi giorni fa. Tutti ricorderete le parole di Madame Lagarde del 12 marzo 2020 quando il Covid sembrava ancora essere una questione soprattutto italiana: «Non siamo qui per chiudere gli spread». Cinque giorni dopo la Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen annunciava l’imminente attivazione della cosiddetta General Escape Clause (articoli 5.1 e 9.1 del Regolamento 1466/97; il Patto di stabilità e crescita appunto). L’austerità veniva temporaneamente sospesa. Quasi un anno dopo (3 marzo 2021) il Vicepresidente della Commissione Dombrovskis confermava che «le attuali indicazioni preliminari suggerirebbero di continuare ad applicare la Clausola di Salvaguardia Generale nel 2022 e di disattivarla a partire dal 2023». Giusto il tempo di prendere atto del risultato delle elezioni politiche italiane e tornare alla solita austerità fatta di misure correttive come tagli alla spesa e aumenti di imposta, nel frattempo resi cogenti dalla concreta attuazione del Recovery Plan. Vuoi i soldi per la transizione green di questo semestre senza che l'Olanda si arrabbi e blocchi tutto con il cosiddetto “freno di emergenza”? Non c'è problema: rivedi le rendite catastali, aumenti l'Imu e passa la paura.
Tornando a marzo 2020, neanche una settimana dopo le sciagurate parole della Lagarde assistiamo a una straordinaria inversione a «U»: la Bce annuncia un’operazione monstre di iniezione della liquidità nella misura di 750 miliardi per acquistare titoli e chiudere gli spread. Questo importo verrà poi aumentato fino a 1.850 miliardi con scadenza marzo 2023. Di nuovo il tempo di vedere l’esito delle elezioni italiane. Ora però qualcosa sta accadendo: il fatto che i rendimenti delle obbligazioni stiano aumentando negli ultimi mesi ne è un’evidenza. «Se l'economia si sviluppa secondo le nostre previsioni di base, crescerà l’inflazione dalla seconda metà del 2021 e dovremo porre fine gradualmente al Pepp (il programma di acquisto pandemico della Bce) e terminarlo come previsto nel marzo 2022», ha detto di recente il governatore della Banca d’Olanda Knot. Ancor più pesanti le parole del collega tedesco Weidmann: “Come banchieri centrali dobbiamo dirlo chiaramente: la politica monetaria deve frenare se crescono i prezzi”
I falchi mettono insomma le mani avanti. Se i prezzi crescono la Bce non ha più scuse. Deve smettere di iniettare liquidità nel sistema. La Verità lo aveva scritto a marzo: l’abbandono delle chiusure farà ripartire la domanda come una molla compressa a lungo, e con questa i prezzi. È fisiologico. E i falchi tedeschi che vedono come fumo negli occhi la politica dei soldi facili -inaugurata a suo tempo da Mario Draghi- avranno buon gioco ad invocare la chiusura del rubinetto. Inoltre, nell'agosto 2020 il presidente della Fed Powell ha promosso una vera rivoluzione copernicana nella politica monetaria della banca centrale americana. L’obiettivo non è più semplicemente quello del 2% di inflazione; ma del 2% nel lungo periodo. L’inflazione dovrà cioè mantenersi “intorno al 2%” ma in media ed in un arco di tempo sufficientemente lungo. E poiché dallo scoppio della grande crisi finanziaria del 2008 l’inflazione americana ha superato il 2% solo per pochi mesi, il messaggio ai naviganti è chiaro: l’America è disposta a tollerare un’inflazione più che sostenuta e per molto tempo.
E gli effetti li vediamo già anche nell’Eurozona. Crescono i prezzi delle commodities: grano, avena, carne di maiale, soia, mais, zucchero, caffè, ma anche alluminio e legname. Rispetto a marzo 2020, gli ordini di grandezza di questi aumenti vanno da almeno un 50% fino a quasi il 400%. Tirando le fila, prefiguriamo tre possibili scenari.
1) Vincono i falchi dentro la Bce e la politica monetaria di Francoforte smette di essere espansiva. I rendimenti dei Btp aumenteranno e le conseguenti tensioni sui debiti sovrani alimentate dalla turbolenza sul grosso debito italiano porteranno all’estrema conseguenza: la dissoluzione dell’eurozona per evitare il default italiano e francese. Proprio così. La Francia che con le sue banche è il più grande creditore estero del sistema Italia. Circa 300 miliardi è la stima.
2) Vincono le colombe in Bce. Parola d’ordine: nessuna turbolenza sui mercati obbligazionari. Saranno in quel caso tedeschi e olandesi a non poterne più dell’eurozona aprendo un nuovo scenario di possibile disgregazione.
3) Compromesso. Se non si può fare austerità c’è sempre il lockdown. Ecco a cosa servono le chiusure. Reprimere la domanda per non far aumentare troppo i prezzi così da rendere giustificabile la politica monetaria espansiva e nello stesso tempo calmare i falchi. Il lockdown strisciante altro non sarebbe che la nuova austerità. Entra dalla finestra dopo essere stata accompagnata gentilmente alla porta con la sospensione del Patto di stabilità. Se con l’austerità si abbassava il reddito dopo averlo prodotto, con le chiusure invece se ne impedisce addirittura formazione. Nel solo 2020 il lockdown è costato in termini di riduzione del Pil circa 500 milioni al giorno. Aveva ragione il WSJ. L’Eurozona possiede “un’intrinseca inclinazione all’austerità”. Quasi genetica.